Un inno a Parkrun

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Alexandre Rossi


Essendo uno studente di materie umanistiche senza lezioni nel fine settimana, può sembrare strano voler trascorrere il sabato mattina facendo qualcosa di diverso dallo sdraiarsi e rilassarsi. Mentre cammino verso Eddington alle otto e mezza con il sonno ancora negli occhi e i calzini che sono abbastanza certo di avere i piedi sbagliati, non posso fare a meno di trovarmi d’accordo.

Mi trovo tra le centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo, che fanno il pellegrinaggio settimanale al parco, alla foresta o, come nel mio caso, ai campi da gioco, per correre 5 km alle 9 ogni sabato mattina. Non è follia, è parkrun. E, dopo circa sette anni di gioco, oggi è il mio 250esimo.

La semplice promessa di un evento regolare e programmato ha visto parkrun crescere da Bushy Park a Londra fino a raggiungere oggi oltre 2.300 località. Ce ne sono quattro solo a Cambridge: Fulbourn Hospital, Coldham’s Common, Milton Country Park e la mia destinazione oggi: Storey’s Field. Un incantevole insieme di sentieri pianeggianti intorno a campi da cricket e calcio, vicino a Girton, che si colloca regolarmente tra i 20 campi più veloci del paese. Cosa si può volere di più la mattina presto e di buon mattino?

Quando arrivo alla partenza e vedo la folla di corridori che si accalca intorno, dimentico subito le mie lamentele precedenti. Parkrun è fantastico, perché è davvero per tutti. C’è gente di tutti i tipi, dai ragazzini ai pensionati, che si preparano per correre. A nessuno importa della tua velocità, della tua forma fisica o di quanto sia all’avanguardia il tuo kit. Tutto ciò che conta è che esci e lo fai. Mi viene in mente uno degli slogan non ufficiali di parkrun: l’unica persona contro cui gareggi sei te stesso.

Dopo un briefing pre-corsa che ho sentito così tante volte che forse potrei recitarvelo, tocca ai cronometristi: e si parte. La cacofonia degli allenatori sul cemento, integrata dagli applausi di incoraggiamento degli spettatori, è stranamente confortante. È la colonna sonora della più ampia community di parkrun, costruita su cordialità e inclusività. Sono stato a 28 parkrun diversi e il filo conduttore che li attraversa tutti è l’accoglienza di tutti i volontari.

Questo non vuol dire che l’esperienza sia di gioia sconfinata, però. Non ci possono essere molte cose più demoralizzanti del doppio buggy, spinto come se non pesasse nulla, che mi sorpassa a metà strada. Prendo nota mentalmente di cercare di tenere il passo con loro, ma mi arrendo subito e li guardo scomparire in lontananza. Ahimè, non puoi vincerli tutti.


PER SAPERNE DI PIÙ

vista delle montagne

Successo di Cambridge ai campionati di cross country

Proseguo e, prima che me ne renda conto, siamo già all’ultimo giro. È qui che le endorfine iniziano davvero a colpire e inizio a divertirmi davvero. Parkrun è ottimo sia per il tuo benessere fisico che mentale. Correre regolarmente, soprattutto al mattino, ti dà l’opportunità di schiarirti le idee e mettere in prospettiva ogni preoccupazione. Se riesci a correre 5.000 metri alle prime luci dell’alba, sarai sicuramente in grado di affrontare il resto della giornata.

Entrando nell’ultimo mezzo miglio del percorso, tutti gli occhi sono puntati sul traguardo. La mia playlist di corsa accuratamente curata sputa fuori I confini di Sam Fender, e adeguo la mia cadenza al contagioso ritmo della batteria. Questa è, non sorprende, la mia parte preferita di parkrun. Che tu abbia appena iniziato o che ci lavori da anni, gli ultimi minuti sembrano il culmine di tutto lo sforzo che hai fatto: è assolutamente elettrico.

Terminando la mia 250esima parkrun, c’è l’inevitabile celebrazione. Mi sento felicissimo, orgoglioso e realizzato. Il ritorno al college sembra molto più semplice del viaggio precedente. Verso mezzogiorno, mentre mi siedo per il brunch, mi viene in mente: è inutile fermarsi adesso. 500 sono a soli cinque anni di distanza. Stessa ora anche la prossima settimana, allora.